Giovedì pomeriggio, uno dei miei luoghi del cuore dove puoi trovarmi di tanto in tanto a scrivere. Osservo l’umanità intorno a me, mi piace immaginare la vita delle persone che ci sono qui in questo momento. Le storie che ci portiamo dentro determinano il nostro incedere nel mondo. S’intravedono ma non si svelano. Potrei passare ore a osservare le persone ma forse potrei essere fraintesa e quindi smetto.
Non prima di prendere nota qui, per te, di questa frase:
"Tu sei matta! La gratitudine sul lavoro? Già è tanto se si riesce a portare a termine i progetti avviati".
Una sfumatura che appartiene alla vita di una persona che ho incontrato molto tempo fa e che ha provato a convincermi che allenare la gratitudine non fosse una buona idea.
Troppo dispersiva.
Non mi ha convinta. Ho sempre sentito che qualcosa poteva accadere portando abitudini nuove in ambito professionale. A me, la gratitudine, ha cambiato la vita e continua a darmi grandi lezioni.
Non è una questione di gentilezza.
Non solo quella almeno.
Qui c'è molto di più.
La gratitudine costruisce ponti tra le persone.
Anche tra coloro che faticano a relazionarsi.
E se vogliamo trovare conferma nei dati, la gratitudine aumenta la produttività e contribuisce a creare un team entusiasta e proattivo.
Il sogno di ognuno di noi, a pensarci bene.
Nel suo libro "Il vantaggio della felicità", Shawn Anchor, analizza la gratitudine come opportunità per far meglio in ambito professionale. Tra queste pagine si legge che scegliere di essere grati e stimolare questo atteggiamento nelle persone che lavorano con noi consente di aumentare la produttività del 31%. Cresce, invece, del 37% l'efficacia nelle vendite.
Cosa succede quando scegliamo la gratitudine?
Numerosi studi condotti dalla Harvard Medical School mostrano come la gratitudine sia fondamentale per provare emozioni positive, vivere belle esperienze, portare beneficio alla propria salute, condurre meglio i momenti di difficoltà e tessere relazioni più forti e sane. Esprimere gratitudine è la prima abitudine sociale che ognuno di noi dovrebbe fare propria. E questo vale nella vita personale come in quella professionale.
Essere grati ci fa sentire persone di successo.
Un’indagine condotta dalla Fondazione intitolata a John Templeton nel 2012, ha rilevato che la maggioranza delle persone coinvolte (il 94% delle donne e il 96% degli uomini) afferma che “un manager grato è un manager di successo”. Solo il 18% delle persone ha definito più debole chi sceglie la gratitudine. Questo, però, rientra nella credenza comune che mostrare gratitudine possa essere sintomo di vulnerabilità. (Come se questa fosse una debolezza, per altro).
Essere grati ci rafforza e mostra al mondo il nostro essere positivi e costruttivi. Basti pensare che i più grandi uomini e donne di successo professano la gratitudine: Richard Branson, Oprah Winfrey, Anthony Robbins, Steve Jobs, Bill Gates, Sheryl Sandberg. Tutti loro non perdono occasione per mostrare gratitudine alla vita, ai propri mentori e ai propri collaboratori. E questo, indubbiamente, ne fa persone di successo.
Essere grati alimenta il nostro senso di appagamento.
Quando siamo grati a qualcuno per il lavoro svolto, questa persona proverà una tale soddisfazione da arrivare a mettere ancora più impegno nel proprio lavoro. Essere grati per il lavoro altrui è un atto di grande generosità verso se stessi oltre che verso gli altri. Si crea un ambiente di lavoro appagante e stimolante. Un ambiente in armonia che vince a prescindere dal risultato.
Essere grati ci spinge a definire obiettivi che contano.
Con la gratitudine i nostri obiettivi professionali assumono una diversa importanza. Allenare la gratitudine ci aiuta a cambiare punto di vista. L'obiettivo non è il risultato o il guadagno ma è far sentire bene gli altri. Il resto è una conseguenza che si genera insieme al profondo senso di gratitudine per ciò che si è raggiunto e verso chi ha contribuito al viaggio.
Il thank you note: è arrivato il suo momento
Il thank you note è un momento di genuina connessione. Nella fretta della vita moderna abbiate cura di scriverne tanti. Ogni giorno.
Queste parole puoi leggerle nel libro "Treating People Well" scritto da Lea Berman e Jeremy Bernard, social secretary della Casa Bianca rispettivamente per George W. Bush e Barack Obama. In questo volume raccontano come si può riceve avendo cura degli ospiti nella casa più celebre del mondo.
Al thank you note è stato dedicato un ampio spazio. Prima di lanciarvi una sfida vi riporto anche uno dei più celebri biglietti di ringraziamento che è stato scritto. L'autrice è Jacqueline Kennedy, il destinatario il suo decoratore Richard Keith Langham. Il biglietto esordiva così: "Che occhio straordinario hai e quanto sono fortunata io a poterne beneficiare!". Nessun grazie ma tanta gratitudine e riconoscimento.
E ora la sfida: scriviamo un thank you note a una persona con cui collaboriamo o con cui condividiamo un progetto. Scritto a mano è più bello e di impatto: uno sforzo che possiamo fare, no?
Fai appello alla sincerità, metti in luce i motivi chiari per cui provi gratitudine per questa persona, offri un quadro d’insieme dell’impatto che il lavoro svolto ha avuto sull’andamento dell’azienda o del progetto, ringrazia per le sfide vinte e l’impegno e al termine della lettera concludi con un grazie che richiama ogni cosa scritta.
Entrando nello specifico il thank you note efficace rispetta tre elementi chiave:
Inizio d'effetto. Una frase non convenzionale, come quella di Jacqueline Kennedy. Il tono, per intenderci, è quello che potremmo usare parlando. Amichevole e immediato.
Entusiasmo. Nello scrivere queste poche righe facciamo riferimento alla gioia che proviamo in modo autentico (no, il thank you note forzato non ha lo stesso effetto!). E dedichiamo qualche parola al motivo specifico per cui siamo grati a questa persona: per quel lavoro concluso, per aver generato un'opportunità, per quella chiacchierata davanti a un caffè.
Conclusione con un pizzico di speranza. Che sia solo l'inizio di una buona relazione professionale o il consolidamento di quanto costruito assieme: la cosa importante è far sapere all’altra persona che siamo pronti a continuare su questa strada.
L'economista Peter Drucker ha dichiarato che il suo successo è stato determinato da una sua abitudine: scrivere 12 thank you note al giorno. Un vero impegno che forse al momento non possiamo permetterci.
Ma proviamo a fare due conti realistici: 3 thank you note al mese distribuiti su 12 mesi sono 36 biglietti di gratitudine all'anno. Che possiamo tradurre in 36 opportunità per nutrire le nostre relazioni. Se ti servono idee oltre le persone con cui collabori cerca tra gli autori e le autrici che segui, tra coloro che incontri, tra chi organizza gli eventi a cui partecipi e chi segue il tuo percorso.
Dimmi che accetti la sfida, dai.
Assunta
PS: Se ti va di approfondire la tecnica del Thank You Note puoi farlo con questo workbook
Ci vediamo?
24 ottobre PADOVA con Empatia Digitale
Alle 18 con Giulia Bezzi a chiacchierare di parole, comunicazione, digitale. L’ingresso è gratuito, i posti limitati e ci si iscrive qui.