C'è un modo per non far marcire il cervello
Parliamo di marciume cerebrale, l'espressione dell'anno
So cosa stai pensando (o forse no!), ancora una volta in ritardo con la newsletter. Ma ho una notizia bomba che stavo aspettando. Eh sì, ho ritardato anche per questo. Non volevo che tu lo sapessi dopo le altre persone.
Da oggi è in pre-ordine il nuovo diario della gratitudine curato da me per la casa editrice Do It Human.
In questi mesi ci abbiamo lavorato in sordina. Dopo 7 anni dal primo diario della gratitudine (quello giallo!), che ha contato 7 ristampe , ci siamo detti che era tempo di fare tesoro dell’esperienza, aggiungere contenuti e rendere tutto ancora più human.
Tre cose che mi fa piacere farti sapere:
dura sempre 2 anni, questa formula è piaciuta tantissimo a noi e alle persone. L’abbiamo mantenuta.
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Dal 18 dicembre lo troverai anche nelle librerie digitali e fisiche.
Scrivere allena il cervello. Scrivere a mano potenzia la forza della mente.
Ecco qui il gancio con il tema che ho scelto per questa newsletter.
Parliamo di quello che forse avrai letto in questi ultimi giorni un po’ ovunque: brain rot è l’espressione dell’anno secondo l’Oxford English Dictionary. E questo vale una riflessione. Resta con me.
Marciume cerebrale è la parola dell’anno.
Cominciamo dal principio. Ogni anno, il team di studiosi del lessico che genera il Dizionario di Oxford, analizza la lingua inglese per identificare le parole e le espressioni che hanno rappresentato il mondo negli ultimi 12 mesi. Attraverso lo studio di dati e tendenze, individuano nuovi termini ed espressioni emergenti e osservano i cambiamenti nell’uso di linguaggi consolidati. Questo lavoro culmina nella selezione di una parola o espressione che porta con sé una profonda rilevanza culturale.
Bene. Quest’anno la Oxford Word of the Year è brain rot. Che a noi italiani viene proposta come “marciume cerebrale”, “cervello che marcisce”, “putrefazione del cervello”. Insomma, hai capito: non solo un’espressione ma un concetto vero e proprio. Le finaliste erano 6 in realtà ma questa ha vinto dopo una votazione che ha coinvolto oltre 37.000 persone. L’espressione ha visto un'impressionante crescita del 230% nel suo utilizzo tra il 2023 e il 2024 e riflette certamente una delle principali preoccupazioni sociali del nostro tempo: l'impatto del consumo eccessivo di contenuti digitali di bassa qualità sulla salute mentale e sul benessere intellettuale.
Ovviamente, il pensiero va direttamente al mondo digitale e dei social network nello specifico. Per il dottor Michael Rich, pediatra e fondatore del Digital Wellness Lab del Boston Children’s Hospital, il termine riassume gli effetti di un’eccessiva attività online. (Ti suggerisco di leggere la sua intervista apparsa sul New York Times).
Quindi a generare il brain rot sono quei contenuti divertenti e virali che vengono percepiti come banali e poco arricchenti.
La diffusione di questa espressione è stata particolarmente significativa tra le generazioni più giovani, Gen Z e Gen Alfa, che lo hanno adottato principalmente per scherzarci sopra, utilizzandolo in maniera autoironica. Sembra che su TikTok, l'hashtag #brainrot sia stato usato più di mezzo milione di volte riferendosi ai video privi di senso.
“Guardando alle parole dell’anno di Oxford degli ultimi due decenni, si nota una crescente preoccupazione della società su come evolvono le nostre vite virtuali e su come la cultura online permea ciò che siamo e di cui parliamo - ha dichiarato il presidente di Oxford Languages Casper Grathwohl nel comunicato stampa diffuso - ‘Brain rot’ rappresenta uno dei pericoli percepiti della vita virtuale e del modo in cui utilizziamo il nostro tempo libero. Sembra il giusto passo successivo nella conversazione culturale su umanità e tecnologia”.
Grathwohl, aggiunge poi:
“trovo affascinante che il termine ‘brain rot’ sia stato adottato dalla Gen Z e dalla Gen Alfa, le comunità principali responsabili della creazione e del consumo dei contenuti digitali a cui si riferisce il termine. Queste comunità hanno amplificato l'espressione attraverso i social media, il luogo stesso che si dice causi il ‘brain rot’. Dimostra una sorta di consapevolezza autoironica nelle generazioni più giovani riguardo all'impatto negativo dei social media che hanno ereditato."
Quindi mentre noi adulti gongoliamo convinti di aver trovato conferma in quanto definito da un’istituzione prestigiosa come l’Oxford Dictionary, i ragazzi e le ragazze ne hanno fatto una scelta autoironica.
Il cervello umano sembra destinato marcire da tempo, per la verità.
Era il 1854 quando l’espressione brain rot veniva utilizzata per la volta dal pensatore americano Henry David Thoureau nel suo libro Walden. Allora veniva definito il declino intellettuale e morale della società che, secondo lo scrittore, prediligeva idee semplici a scapito di quelle complesse e stimolanti. Un sorta di declino dello sforzo mentale.
"Mentre l'Inghilterra si sforza di curare il marciume della patata, non si sforza di curare il marciume del cervello? Elemento che prevale in modo molto più diffuso e fatale"
Henry David Thoreau
Se c’è una certezza, è che il cervello umano è destinato a marcire in ogni tempo della nostra esistenza ed evoluzione. Se lo scegliamo, aggiungerei.
Prima marciva a causa della troppa televisione, era questa l’accusa sui media. Se appartieni alla Generazione X o Millennial te lo ricordi bene. Oggi marcisce scrollando i social network. E domani? Domani marcirà per qualcosa di diverso che forse oggi nemmeno riusciamo a pensare.
Non è ironico tutto questo? Pensa alla narrazione che viene proposta quando escono questi temi: finalmente qualcuno che conferma il mio pensiero. Si chiama bias di conferma: la nostra tendenza a muoverci nelle nostre stesse convinzioni. Senza fare un passo oltre, senza sperare in un pensiero differente.
E intanto i ragazzi e le ragazze si divertono a prendersi in giro mostrando di avere molta più ironia e consapevolezza di noi persone adulte che ci auguriamo di fermare il progresso tecnologico pur standoci dentro in modo inconsapevole. Questa è frustrante utopia, altroché.
Dal marciume cerebrale alla cura del pensiero.
Va da sé che l’espressione brain rot accende i riflettori su una preoccupazione reale e urgente. Ma noi non possiamo limitarci a puntare il dito contro i social media o il mondo digitale in generale. Le accuse sensazionalistiche, che trasformano la rete in un nemico, rischiano di distogliere l’attenzione da una domanda più costruttiva:
cosa possiamo fare, come individui e come società, per prevenire il brain rot e favorire un uso consapevole e arricchente della tecnologia?
Tre idee messe qui mentre scrivo:
Promuovere l’alfabetizzazione digitale. Il problema non è solo nei contenuti, ma anche nella mancanza di strumenti per riconoscere e scegliere contenuti di valore. Esistono, ma sono ancora troppo pochi, i programmi di educazione digitale rivolti alle generazioni giovani ma anche alle persone adulte.
Celebrare i lati positivi del digitale. Anche nella cultura online, accanto ai contenuti superficiali, esistono comunità e iniziative che ispirano, educano e connettono. Ci sono professioniste e professionisti che utilizzano TikTok, Instagram e altre piattaforme per diffondere cultura, arte o consapevolezza. Ne abbiamo scritto nel blog del Constructive Network qui e qui.
Coltivare momenti di disconnessione. Il brain rot non è solo un problema di cosa consumiamo, ma anche di quanto tempo passiamo consumando contenuti senza una vera intenzione. Prendiamoci il tempo per coltivare la nostra consapevolezza e il nostro benessere mentale. La scrittura a mano è un buon metodo (tanto per tornare al diario della gratitudine) insieme alla meditazione, alle relazioni in presenza, alla partecipazione ad esperienze.
Non è una condanna, ma un invito.
Prendiamola così, facciamo in modo che l’espressione brain rot possa diventare un invito a riflettere su come vogliamo vivere il nostro rapporto con il digitale. Non è una condanna inevitabile, ma una sfida che richiede consapevolezza e responsabilità da parte di chi genera contenuti e da parte di chi, questi contenuti, li accoglie. Che poi siamo noi e sempre noi.
In Italia, l’accento mediatico sul “marciume cerebrale” si è concentrato troppo sul giudizio e poco sulla proposta. Eppure, ci sono tante nuove conversazioni che si possono attivare. Prima fra tutte, quella che ci fa riflettere su quando, il nostro cervello di persone adulte oggi, marciva davanti alla tv negli anni ‘80—’90.
L’evoluzione umana è fatta di fasi. Il cervello è sempre a rischio di deperimento. Lo fa perché è pigro. Ma lo fa anche quando sceglie un nutrimento costante e continuo che apparentemente ci sembra sano: non lo è più se diventa esclusivo.
Quindi, mettiamolo al lavoro il nostro cervello.
E sì, io amo i video banali e virali. Mi divertono, mi fanno ridere tantissimo e amo condividerli con le persone che fanno parte della mia vita.
Quella leggerezza di cui ho bisogno.
Tu li guardi?
Assunta
È vero, una volta ci si “ammazzava” di ore davanti alla TV, adesso è lo stesso meccanismo, solo che al posto del telecomando c’è lo smartphone. In fondo, cosa è davvero cambiato? L’unica grande differenza è che oggi, se vuoi, puoi andare oltre il semplice scrolling passivo: hai a disposizione una quantità infinita di contenuti, certo per la maggior parte inutili o di puro intrattenimento, ma in mezzo a questo oceano c’è una miniera di conoscenza di valore. Puoi approfondire temi, imparare cose nuove, formarti su argomenti che altrimenti non avresti mai sfiorato.
Naturalmente, devi volerlo. È molto più facile continuare a “swippare” video su TikTok, passare da uno stimolo all’altro e lasciare che la mente stia in una sorta di standby infinito. Ma se decidi di prenderti anche solo mezz’ora al giorno per studiare un argomento, leggere un articolo ben fatto, o seguire un corso online, imparerai una quantità sorprendente di cose. Ed è tutto lì a tua disposizione. Io, negli ultimi due anni, ho provato a creare una dieta con una certa severità bilanciando il mio tempo di puro intrattenimento con momenti dedicati allo studio, alla formazione e alla relazione: i risultati sono pazzeschi. Basta volerlo davvero e trovare dentro di sé l’energia per cambiare prospettiva. L’opportunità è lì, a portata di click.