Buongiorno, sì, oggi arrivo tardi ma c’è un buon motivo. Negli ultimi due giorni sono stata così immersa nelle relazioni e nelle esperienze che ho sentito di doverle celebrare. Avevo bisogno di restare lì per poi portartele qui, nel nostro spazio più intimo.
Ho tenuto un corso di formazione a una platea di 60 giornalisti nella splendida città di Trento (bellissima davvero, non ci ero mai stata. Voglio tornarci!). Ho stretto mani, ascoltato storie, condiviso esperienza, accolto conoscenza. E ancora una volta ho sentito dire “grazie, mi hai fatto ricordare perché ho scelto di diventare giornalista”. Il feedback che più amo e che ritrovo di città in città. Segno che ci sono giornalisti e giornaliste che hanno perso la strada e l’entusiasmo. Ma anche la consapevolezza e la fiducia nella professione. Tornerò su questo in una prossima newsletter.
Sì, perché oggi l’argomento è un altro.
Riguarda una lettera scritta da Marisandra Lizzi, fondatrice di Mirandola Comunicazione a Jeff Bezos, il fondatore di Amazon.
Ma prima. Torniamo a 5 anni fa.
Giugno 2020, piena pandemia. Esce Empatia Digitale, il mio saggio sulla comunicazione pubblicato con il mio amato editore Do It Human. Doveva uscire a marzo di quell’anno, ma la pandemia e il lockdown ci hanno dato così tanti motivi per pensare che abbiamo aspettato per arricchire quelle pagine già pronte. Con Diego Leone e Alberto Manieri - fondatori di Do It Human - abbiamo preferito aggiungere ciò che poteva offrire valore nuovo.
Quell’anno, quel mese, non è uscito solo il libro. È nata la collana editoriale Colophon. Ne sono la curatrice e questo mi riempie di orgoglio perché è un progetto dedicato alla comunicazione che nasce dall’urgenza di dire qualcosa che possa restare. Accoglie libri che parlano all’essere umano e sono scritti da professionisti e professioniste della parola.
Colophon è una collana per chi cerca senso in ciò che legge. Per chi crede che la comunicazione possa essere, oggi più che mai, un atto umano e responsabile.
In occasione di questo anniversario Diego e Alberto hanno pensato di pubblicare un manifesto in 7 punti e un titolo: “La comunicazione che costruisce”.
L’ultimo nato di questa famiglia di libri (famiglia è proprio la parola giusta, lo siamo!) è “Lettera a Jeff Bezos” di Marisandra Lizzi.
Lo abbiamo presentato ieri sera da Ècate Caffè Libreria a Milano. Il mio luogo del cuore per eccellenza che “sembra uscito dalle pagine di Jodorowsky” come ha scritto questa mattina in un post Linkedin, Paolo Iabichino.
Non è stata solo una bella serata tra amici, professionisti e professioniste. È stata una serata trasformativa. Ero seduta accanto a Marisandra, sulle poltroncine di Ècate e sentivo la sua emozione. Conosco la sua storia, conosco lei, conosco quello che riesce a mettere in moto con la sua energia.
E girando lo sguardo verso le persone presenti sentivo quanto stava accadendo dentro di loro. Parola dopo parola, pensiero dopo pensiero. Tra occhi lucidi e nuvolette di riflessione immaginarie sopra la testa. Ho visto le persone che lavorano con lei provare orgoglio per essere parte di un viaggio così unico.
Ma la lettera a Jeff Bezos, Marisandra, l’ha scritta davvero?
Sì lo ha fatto. E l’ha anche spedita. Con ogni probabilità è stata letta dal destinatario. Sicuramente dal suo entourage.
Un viaggio attraverso le luci e le ombre di Amazon
Per quasi vent’anni Marisandra ha lavorato fianco a fianco con Amazon, contribuendo a costruirne l’immagine in Italia e a diffondere il sogno di un’innovazione senza confini. Quel sogno, però, a un certo punto ha iniziato a mostrare delle crepe.
Finché, un giorno, ho visto quel sogno incrinarsi. Non è successo all’improvviso, ma a poco a poco. Il racconto che facevo di Amazon e quello che vedevo con i miei occhi hanno iniziato a divergere. Ho dovuto scegliere: rimanere fedele a una narrazione illusoria o raccontare la mia verità?
Marisandra Lizzi - Lettera a Jeff Bezos
La sua voce al microfono, ieri sera, ha fatto vibrare ogni cosa quando ha detto: “Questo libro non è una denuncia, è un atto di verità”. Appare più come un invito alla riflessione e al recupero dei propri valori smarriti in un mondo professionale che corre, consuma e pretende.
La lettera è stata inviata a Bezos nel 2021. Ed è riportata in versione integrale nel libro come punto di partenza per una narrazione che si sviluppa in 12 capitoli e riprende i celebri Principi di Leadership di Amazon che Marisandra rilegge in chiave umanistica. Come fosse un esercizio di integrazione tra la cultura iper-performante della Silicon Valley e l’ascolto profondo di sé stessi, del proprio corpo e delle proprie emozioni.
Tra un principio e l’altro si inserisce la storia personale di Marisandra con i suoi momenti di innamoramento, le sue delusioni, le paure e le vulnerabilità. Ci sono le decisione prese - mai a cuor leggero - e i momenti di consapevolezza. C’è la storia di una donna e di una professionista appassionata. Ci sono le persone: quelle che ci ruotano intorno durante l’esistenza e che restano un valore inestimabile. Ci sono le sfumature che si insinuano nelle pieghe della vita e che, come ho detto ieri sera ringraziando Marisandra per questo lavoro, ci fanno sentire meno soli.
Sì, perché quando tutti noi ci troviamo davanti a una scelta ci sentiamo soli nel profondo. Ma quelle scelte, più o meno simili, le fa ognuno di noi ogni giorno. E quando qualcuno le condivide sta donando ad altri la possibilità di sentirsi parte di qualcosa di più grande.
Questo fanno le pagine di “Lettera a Jeff Bezos” che io amo definire un libro onesto, coraggioso e provocatorio quanto basta.
Marisandra riprende i 16 Principi di Leadership di Amazon, li attraversa uno a uno mettendone in luce gli aspetti di luce e di ombra e, infine, li riscrive con un linguaggio nuovo, più autentico e inclusivo.
Non voglio anticiparti troppo di queste pagine: ognuno di noi ne coglie ciò che serve.
Però alcuni appunti voglio lasciarli qui.
Cosa mi ha donato questo libro
Il corpo sa prima della mente.
Quando il corpo si ammala senza un perché apparente, forse sta solo dicendo una verità che non abbiamo il coraggio di ascoltare.Anche le narrazioni di successo possono diventare gabbie.
Restare fedeli a un’idea solo perché funziona non significa che ci rappresenti ancora.L’autenticità costa, ma libera.
Marisandra ha avuto il coraggio di rinunciare a qualcosa di grande e importante (per molti un’opportunità) pur di ritrovare sé stessa. E ha trasformato quel vuoto in voce.Le decisioni difficili non arrivano mai tutte insieme, ma un segnale alla volta.
Si annidano negli occhi stanchi, nei silenzi più lunghi, nella sensazione che qualcosa si sia spostato, anche se fuori tutto sembra uguale.La leadership non è controllo. È responsabilità emotiva.
Verso chi lavora con te, verso chi ti ascolta, verso il mondo che contribuisci a costruire ogni giorno con le tue scelte.Riscrivere i principi non è solo un esercizio filosofico. È un gesto rivoluzionario (gentile, però!).
Prendere i pilastri della Silicon Valley e ridar loro voce umana significa restituire dignità al lavoro, alla comunicazione, al senso delle cose.Possiamo essere bravi professionisti e, allo stesso tempo, restare fedeli a noi stessi.
Il libro è la prova che non dobbiamo più scegliere tra il cuore e la carriera. Possiamo integrare. Unire.
Ti lascio con una delle frasi più potenti e profonde sentite ieri sera da Marisandra:
"Voglio sopravvivere come azienda o voglio sopravvivere come essere umano? Io ho scelto la seconda".
Marisandra Lizzi
Anche non scegliere è una scelta.
Goditi le sensazioni che senti,
Assunta