Ce lo scriviamo ancora Buon Anno, che dici? Mi piace arrivare con gli auguri in giorni insospettabili e che non siano nella prima decina del mese. Un modo per ricordarci che qualcosa è cominciato e che siamo ancora all’inizio.
Del resto cosa ci si può aspettare da una persona che ha ancora l’albero di Natale a casa? (Sì, confesso!)
Quindi Buon 2025. Come è iniziato per te?
Io dopo aver staccato un bel po’ ho realizzato che i sospesi mi aspettavano sulla soglia di Gennaio con il sorrisetto di chi sa il fatto suo. Li ho gestiti e poi ho ripreso in mano tutto il resto: il nuovo.
E di cose nuove ce ne sono un po’.
Te le metto qui.
Il 23 Gennaio dalle 9.30 alle 12.30 ci sarà il corso in streaming Giornalismo e salute: mi sento meglio con empatia e gentilezza. Lo conduco con la mia amica e collega Barbara Reverberi. Il corso è dedicato ai giornalisti ed è sulla piattaforma di formazione. Però - ed è importante - se non sei giornalista e ti interessa il tema della salute quando si fa informazione - puoi scrivermi perché stiamo creando una lista di attesa. Se raggiungiamo un buon numero organizziamo un corso aperto a tutte le professionalità.
Il 25 Gennaio dalle 15.30 sono invece a Roma. Questa volta l’occasione è il Giubileo del Mondo della Comunicazione: parleremo di come il giornalismo possa contribuire ad alimentare la democrazia. I relatori e le relatrici sono importanti, ok ci sono anche io per il Constructive Network che ho fondato.
Parte un nuovo corso: “Le voci del gusto e dei luoghi” diretto da Enzo Radunanza con la collaborazione di Isa Grassano. Sono 4 giornate di formazione intense: il 22 febbraio ci sono anche io per raccontare come la narrazione costruttiva ed empatica può tornare utile per le storie legate al gusto e al territorio. Nella locandina trovi le info.
Per gli eventi più prossimi è tutto.
Andiamo al tema di oggi.
Ti racconto una cosa: tra dicembre e gennaio di ogni anno chi si occupa di fare divulgazione e ricerca sul giornalismo e l’informazione va a caccia di notizie, trend, visioni sulla professione. Lo faccio anche io: serve a comprendere se stiamo guardando nella giusta direzione e a fare ordine.
E quindi dove sta andando l’informazione?
Nella newsletter One Thing, il giornalista Kyle Chayka ha messo insieme le nuove regole dei media. Indicazioni pratiche su dove andare e dove volgere lo sguardo. Sono 20 ma te ne segnalo qui 3 che sento particolarmente affini al mio viaggio e toccano tematiche che tocchiamo spesso in questa newsletter.
Chayka afferma che il pubblico è meno ossessionato dalle notizie di quanto l’industria dei media tenda a pensare. Che dici? Ti risuona? Il suo invito è verso contenuti senza tempo: quelli che puoi leggerli oggi ma anche fra 6 mesi, per intenderci. Ed è per questo che le newsletter no-news (quindi che non riportano notizie ma riflessioni) stanno avendo la meglio.
A proposito di questo, Chayka invita a sostenere le pubblicazioni indipendenti e firmate da giornalisti, podcaster, videomaker: danno molto ma se vogliamo che continuino ad esistere occorre sostenerli. Il tema qui è ancora più ampio: le redazioni si disintegrano inesorabilmente mentre freelance o piccoli gruppi di professionisti e professioniste si creano nuove strade. Il pubblico ha un compito in questo: trovarli e supportarli.
Niente conta di più della relazione tra una persona, un marchio o un editore e il suo pubblico. Il tempo trascorso davanti allo schermo è diventato un davvero totalizzante.
Tutto è in competizione con tutto il resto: le e-mail di lavoro competono con i messaggi di un amico, con Instagram e Tiktok.
A noi la scelta su dove portare la nostra attenzione: quindi se chi informa è capace di vincere questa partita sarà in grado di sopravvivere.
Se ti va di leggere le altre regole clicca qui.
Combattere la stanchezza delle notizie tra giornalisti e pubblico
Siamo stanchi, noi che facciamo informazione e il pubblico. (Ecco perché con Barbara abbiamo pensato al corso sulla salute dei giornalisti). Il Reuters Institute ha pubblicato la consueta indagine di fine anno evidenziando come il pubblico a volte decide di disimpegnarsi e perfino di rinunciare completamente a un media che fa informazione. Nel loro ultimo Digital News Report emerge che circa il 39% di persone intervistate nel mondo hanno affermato di evitare a volte o spesso le notizie.
Ora, no sono stati anni semplici questi, occorre ammetterlo, ma la domanda che resta attiva è: come coinvolgere il pubblico con storie difficili ma importanti, senza allontanare del tutto le persone? Come dare un senso di speranza a conflitti che sembrano completamente privi di speranza?
Non ci sono risposte facili a queste domande, lo sappiamo tutti. Noi con il Constructive Network stiamo divulgando il giornalismo costruttivo e delle soluzioni per provare a dare un senso alla narrazione di speranza. Senza mai dimenticare il contesto e il problema. Lo facciamo attraverso la formazione e il nostro magazine News48.
Ci sono esempi interessanti citati dal Reuters Insitute.
Il Guardian pubblica articolo esplicativi con punti elenco chiave su alcune tematiche più delicate. Secondo quanto afferma Chris Moran, responsabile dell’innovazione editoriale del giornale, Explainer è una rubrica molto amata e con tempi di lettura alti. Sembra attrarre soprattutto coloro che hanno un forte interesse sull’attualità ma che non hanno nessuna voglia di seguire il ritmo estenuante delle breaking news o dei blog in diretta.
Dagens Nyheter, in Svezia, utilizza invece diversi format per raccontare storie di vita quotidiana per recuperare il senso di umanità. Su TikTok ha pubblicato la storia di un gruppo di amici che stavano festeggiando un addio al celibato prima della guerra a Gaza: un modo per coinvolgere il pubblico più giovane.
Helsingin Sanomat ha mostrato le fotografie della devastazione di Gaza ai membri del parlamento finlandese e ha scritto un articolo che ha smosso i sentimenti e le reazioni di questo pubblico.
Cosa potrebbe accadere nel 2025?
Parliamo dei giornalisti. Ormai una categoria professionale in crisi.
IrpiMedia ha lanciato lo scorso anno la prima indagine sullo stato di salute mentale nelle redazioni e tra i giornalisti che ha prodotto il volume "Come ti senti?" curato da Alice Facchini.
Sono state coinvolte 558 persone, il che non ne fa un ancora uno studio di valore scientifico, ma offre diversi spunti per riflettere.
Alcuni dati:
l'87% afferma di soffrire di stress.
Il 73% di ansia.
Il 68% sente un senso di inadeguatezza.
Il 42% afferma di soffrire di sindrome da 𝘣𝘶𝘳𝘯𝘰𝘶𝘵.
Le pressioni si spostano in particolare sulle generazioni più anziane di giornalisti. Mpho Raborife, caporedattrice di News24 in Sud Africa, afferma che queste persone, a causa del modo in cui vivono e di alcune delle tensioni economiche e sociali, “sono un po' più inclini all'ansia e alla depressione, all'isolamento e persino alle malattie mentali". Nel 2025 potremmo sentire parlare sempre di più di questa problematica che, in realtà, è esplosa con la pandemia.
Immagini cosa voglia dire per un giornalista o una giornalista occuparsi ogni giorno di disastri, conflitti, tragedie, crisi?
Secondo il Reuters Institute, quindi, nel 2025 si darà ampio spazio al giornalismo lento (slow journalism). Un approccio alla narrazione di approfondimento che rispecchia molto il ritmo del giornalismo costruttivo e delle soluzioni. Verranno scelte sempre più le notizie con taglio costruttivo e newsletter che raggruppano informazioni.
(A proposito di slow journalism in Italia abbiamo Slow News che fa un lavoro straordinario e ha una newsletter settimanale molto interessante. Li leggi qui).
Leggendo i trend mi si è aperto il cuore e stampato un grande sorriso sul viso. Il Constructive Network è nato nel 2019, avevamo già percepito che l’informazione non poteva andare avanti così. Motivo di orgoglio? Non solo, felice conferma di aver contribuito a delineare una visione nuova sia in Italia che nel mondo dove collaboriamo con realtà come il Solutions Journalism Network.
Insomma, c’è tanto da fare ma soprattutto da essere. Con consapevolezza e determinazione. A piccoli passi ma costanti.
Ti si è accesa qualche lampadina?
Assunta