E ciao! Mercoledì ero a Lecco per un incontro di lavoro misto a momento di relax e condivisione. Sono entrata in una edicola e sul vetro del bancone ho letto “In un mondo in cui puoi essere tutto quello che desideri, scegli di essere gentile”.
C’è un universo in queste poche parole. Ho ripensato alla gratitudine, e quindi eccomi qui.
Prima però ti ricordo che il 19 luglio alle 21.30 sono a Cattolica per il festival letterario Altamarea Book Beach presentato da Isa Grassano. Sarebbe bello vedersi lì!
C’è un filo sottile che ha tenuto insieme tutte le scelte che ho fatto nella mia vita professionale. Non l’ho sempre saputo. Non è stato un piano strategico, né una decisione razionale. È stato piuttosto un istinto silenzioso, una bussola interiore che mi portava, senza nemmeno troppo clamore, verso un certo tipo di parole, un certo tipo di sguardo sul mondo.
Quel filo si chiama gratitudine.
Sì, proprio lei. Quella parola che spesso viene liquidata come buonismo, spiritualità spicciola. E lo so che è a questo che ci hanno abituati nella comunicazione contemporanea.
Ma per me, e per chi la prende sul serio, la gratitudine è una forma di resistenza quotidiana.
Una postura professionale. Una scelta editoriale. Una decisione etica.
È la scelta di non lasciare che la realtà ci indurisca. Di restare umani. Anche quando tutto, attorno a noi, sembra spingerci nella direzione opposta.
Una risorsa interiore
Di fronte alla brutalità che ci arriva addosso (penso alle guerre, urla, disuguaglianze, umiliazioni in diretta tv, ironia che si fa veleno) abbiamo bisogno di una risorsa interiore che ci tenga saldi.
Qualcosa che non sia solo reazione, ma direzione. Che non sia solo analisi, ma creazione.
Continuo a pensare che la gratitudine sia un atto di lucidità radicale.
Non sto parlando di accontentarsi. Né di chiudere gli occhi.
Sto parlando di scegliere di vedere anche ciò che resiste.
Di fare spazio alle cose che funzionano.
Alle persone che nonostante tutto scelgono di esserci con gentilezza.
Ai gesti minuscoli che fanno luce.
Alla fatica che si trasforma in senso.
“Non è la felicità che ci rende grati, ma la gratitudine che ci rende felici.”
David Steindl-Rast
Restituire complessità
È da qui che è nato il mio percorso nel giornalismo costruttivo.
Non dal desiderio di raccontare il mondo come “più bello”, ma dal bisogno profondo di restituire complessità.
Di sottrarmi alla logica dell’urgenza, dell’indignazione a gettone, del rumore costante.
Ho scelto la narrazione costruttiva perché è il mio modo di onorare la gratitudine:
come principio narrativo, come lente per osservare ciò che cresce e non solo ciò che si rompe, come modo di stare nella realtà senza soccombere.
Ogni volta che scelgo di scrivere un testo che non cerca colpevoli, ma cerca soluzioni.
Ogni volta che accompagno una storia invece di incastrarla.
Ogni volta che decido di non usare parole che dividono.
Ecco in questi momenti so che sto dicendo grazie al mondo per tutto quello che ancora può essere.
Cosa possiamo fare, nel nostro piccolo, per contribuire?
Credo che la prima cosa sia riconoscere che quel piccolo è tutt’altro che piccolo.
La gratitudine autentica ha un valore trasformativo perché crea relazione, cura e ci restituisce potere.
“Se la sola preghiera che dirai nella tua vita sarà ‘grazie’, sarà sufficiente.”
Meister Eckhart
E non è solo una suggestione poetica. È anche scientificamente dimostrato.
Uno studio della University of California, Davis ha mostrato che praticare la gratitudine in modo regolare migliora il benessere psicologico, rafforza la motivazione e riduce lo stress.
Il Greater Good Science Center di Berkeley ha rilevato che esprimere gratitudine rafforza le relazioni professionali, favorisce comportamenti prosociali e aumenta la lucidità nelle crisi. In particolare spiega che le persone grate sanno gestire meglio lo stress, nei momenti quotidiani e nelle crisi più significative. Altrettanto importante, la gratitudine funge da “collante sociale”, rafforzando i legami e i comportamenti prosociali.
E persino in ambito organizzativo, secondo ricerche pubblicate da Harvard Business Review, un ambiente lavorativo dove si ringrazia con sincerità è più produttivo, più stabile, più innovativo. In uno studio su 2.000 dipendenti, l’81% ha dichiarato che lavorerebbe di più per un capo che mostra gratitudine
Punti di vista
La gratitudine ci insegna a cambiare punto di vista.
Ogni volta che ringraziamo in modo autentico compiamo un gesto di dislocazione: smettiamo di essere al centro. Ci apriamo, spostiamo lo sguardo.
Ci alleniamo a vedere quello che prima non notavamo.
È un atto di decentramento e insieme di relazione.
La gratitudine trasforma il nostro sguardo: ciò che era un obbligo diventa una scelta. Ciò che era rumore, torna ad essere senso.
Nella comunicazione, questo si traduce in contenuti che non puntano solo ad attirare l’attenzione, ma a nutrire uno scambio.
Nella narrazione, significa restituire complessità, senza semplificare per dividere.
Significa scrivere e parlare come se le parole fossero semi. E non pietre.
Capita talvolta che tutto questo impegno a comunicare meglio, a raccontare restando ancorati al nostro lato umano, non produca risultati immediati. Fa parte del gioco, esattamente come la sensazione di dare molto e ricevere poco.
La gratitudine non è una moneta. È un atto di presenza.
È una forma di fiducia che si alimenta agendo, non aspettando.
Non ci serve un mondo più grato.
Ci serve scegliere di sentirci più sintonizzati con la gratitudine.
Questo è davvero il tempo per avere fiducia nell’essere ciò che vorremmo vedere riflesso nella realtà.
Solo così, a poco a poco, quella realtà cambia.
È una rivoluzione sottile, silenziosa e potentissima.
Un viaggio in cui occorre scegliere di restare ogni volta: di fronte a ogni sfida della vita come a ogni gioia. Una scelta consapevole che possa aiutarci anche quando tutto sembra vacillare e il mondo intorno a noi ci restituisce dolore, frustrazione, rabbia. Una visione che ci guida nel momento in cui le persone ci deludono e noi perdiamo la strada per un solo attimo.
Abbiamo sempre l’opportunità di ritrovarla. Fino a quando vacillare sarà probabile (mai impossibile!) e la nostra coerenza valoriale sarà ciò a cui possiamo aggrapparci.
E quindi grazie per avermi letto fino a qui, se lo hai fatto.
Ci si ritrova la prossima settimana,
Assunta
PS: alla gratitudine ho dedicato diversi workbook e libri. Li trovi qui.
Se senti che questo sguardo ti appartiene.
Se anche tu pensi che il modo in cui comunichiamo può cambiare il mondo partendo da noi.
Se senti che hai bisogno di parole più vere, strumenti più puliti, e di uno spazio dove coltivare tutto questo allora ti invito a valutare l’Accademia delle Narrazioni Costruttive.
Andiamo dritti al punto: per cambiare prospettiva e iniziare a fare la differenza con la nostra comunicazione.
Lo facciamo insieme con webinar, video e audio corsi, esercizi e checklist, esperienze e pratiche interiori.
L’obiettivo è crescere e sentirci meno soli in questo tentativo di essere autentici mentre il resto del mondo sembra guardare da un’altra parte.
Nelle scorse settimane ho pubblicato un reel sulla gratitudine in cui ho raccontato di me.