Buon venerdì,
c’è una riflessione che tengo sempre a mente e che di tanto in tanto scelgo di rinfrescare. Me l’ha donata la mia bambina, Giulia, che l’ha ricevuta dalla sua maestra nei primi giorni di scuola della prima elementare. (Oggi Giulia ha 13 anni e chiede di essere chiamata “ragazzina”. Meglio precisarlo se dovesse leggere questa newsletter).
Quando scegliamo di usare delle parole che fanno male è come se facessimo dei buchi in uno steccato con un chiodo. Anche dopo aver chiesto scusa quel buco resta. Si potrebbe chiudere in qualche modo ma resta comunque e sempre una ferita. Ecco perché è importante soffermarci sul valore delle parole. Non possiamo pensare di lanciarle senza alcuna riflessione o senza avere ben chiaro in mente che chi le riceve è un essere umano.
Questa riflessione è un buon esercizio di umanità. La maestra di Giulia l’ha usata per far capire ai bambini quanto fosse necessario costruire un senso di comunità in classe. E, nello stesso tempo, ha dato a noi genitori un manifesto educativo semplice e profondo. Per quanto riguarda me, ne ho fatto anche un punto fermo nella professione.
Con tanta gratitudine per la maestra Marisa.
Immagina per un attimo se tutti gli esseri umani vivessero sulla stessa strada: se fossimo tutti parte della stessa grande città. Sono certa che ti sarà capitato di pensare che il mondo è più piccolo di ciò che immaginiamo: magari chissà quante volte incontrando una persona o scoprendo le sincronicità della vita. Forse non è il mondo, geograficamente parlando, a essere piccolo ma di certo lo è l’umanità.
Siamo noi esseri umani – provenienti da ogni parte del globo – a essere più simili di quel che crediamo. Mi sfugge il perché si finisca per dimenticare tutto questo a favore di pensieri e parole che non tengono conto di concetti come empatia o gentilezza o rispetto. Probabilmente è davvero un allenamento a cui dovremmo abituarci.
Potrei avere un’idea interessante su come farlo.
Di tanto in tanto mi prendo del tempo per passare alcune ore su Dollar Street, la strada dell’umanità che Anna Rosling Rönnlund, fondatrice di Gapminder, ha immaginato. Una strada virtuale dove vivono famiglie provenienti da tutto il mondo. Da un lato le famiglie più povere, dalla parte opposta quelle più ricche. Nel mezzo gli appartenenti a diverse fasce di reddito. Queste famiglie sono rappresentate da circa 300 foto scattate da fotografi professionisti che raccontano la vita quotidiana, gli oggetti, le abitudini, il cibo, l’arredamento. Dettagli di vita.
Il progetto è affascinante per diversi motivi.
Anna Rosling l’ha ideato dopo aver dedicato oltre 15 anni ai dati statistici globali cercando di renderli quanto più possibile comprensibili alle persone. Come racconta lei stessa, più trascorreva il tempo ad analizzare e interpretare i dati più cresceva una sua grande frustrazione: per quanto fossero presentati con schemi e immagini colorate e divertenti, i dati non riuscivano a comunicare la vita quotidiana delle persone che abitano questo Pianeta.
«Le persone di cultura diversa dalla nostra ci appaiono inconsuete e a volte spaventose. Questa credenza deve cambiare. Vogliamo mostrare le persone come vivono realmente. Ci è parso naturale utilizzare le foto come dato in modo che chiunque possa vedere da sé come si svolge la vita quotidiana a diversi livelli di reddito e in diversi paesi del mondo. Dollar Street consente di visitare alcuni di questi paesi e alcune case».
Dollar Street è un progetto intelligente, di quelli che rispondono alle domande delle persone comuni. Quando viaggio la mia mente è spesso affollata da quesiti tipo: come saranno i soffitti delle case? E i letti di questi appartamenti come sono? Come vanno al lavoro le persone? E quali abitudini hanno al mattino appena sveglie?
Ti capita?
Visitando Dollar Street non solo si ricevono le risposte a queste domande, ma emergono alcune riflessioni importanti che portano tutte a una considerazione necessaria sul genere umano :
in ogni parte del globo i bisogni primari delle persone sono identici.
Abbiamo tutti la necessità di dormire in un letto comodo, lavarci i denti appena svegli, andare al lavoro, mangiare del cibo. Ciò che cambia sono la modalità, il mezzo, l’oggetto.
Dollar Street consente di recuperare l’idea di uguaglianza e di somiglianza tra esseri umani e invita a riflettere sulle diversità dettate unicamente dal reddito economico. Nel lato povero della strada le persone si lavano i denti con le dita e degli elementi naturali ma proseguendo su Dollar Street cambiano le immagini e si mostrano gli spazzolini da denti in plastica con le setole.
Più tempo si trascorre in questa via virtuale, più diventa chiaro che tutti abbiamo le medesime abitudini e anche le stesse attitudini. Quando cresce il reddito, la tendenza è quella di spendere più denaro che si viva in Cina, in Europa, negli Stati Uniti o in Cameroon. A fine giornata desideriamo tutti un tetto sopra la testa e un letto comodo dove dormire. Risulta chiaro, soprattutto, che abbiamo molto in comune con le persone che vivono dall’altra parte del mondo. Più di quanto possiamo immaginare.
« Il mondo fa meno paura di quel che si possa pensare. La maggior parte delle persone lotta con i propri impegni quotidiani e non sono affatto né inconsuete né spaventose» afferma Anna Rosling.
Mi sono innamorata di Dollar Street, ci torno spesso e mi lascio conquistare dalla bellezza del genere umano.
Questa strada cosi ricca di significato dovrebbe diventare una passeggiata quotidiana per tutti.
Prova a farci un giro questo weekend.
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Un cortometraggio
Alex Fusaro è Professore di Musica, cantante e presidente di Vox Generation, un’Associazione di Promozione Sociale nata per dare voce alle nuove generazioni attraverso la musica e ogni forma d’espressione artistica. Con i suoi studenti e le sue studentesse dell’istituto professionale ‘Giuseppe Medici’ di Legnago, ha ideato un corto metraggio dal titolo “Vola alto tu vali!”. Racconta una maturità conquistata superando apatia e fallimenti. Da guardare e far guardare ai ragazzi e alle ragazze della tua vita. Lo trovi qui.
Un video
Alain de Botton è uno scrittore, filosofo e conduttore televisivo che personalmente amo molto. Spesso si è occupato di come l’informazione influenzi la nostra percezione della realtà. In questo video del suo progetto The School of Life ci da un consiglio su come smettere di preoccuparsi.