Eccomi di nuovo da te. In questo momento sono le 22.06 di giovedì 3 aprile e io sono arrivata lunga con la pianificazione della newsletter. Anche questa settimana è stata intensa e ricca di eventi e appuntamenti.
Ho concluso un percorso di formazione in un’agenzia di Media Relations di Milano. 30 persone appassionate del proprio lavoro e con menti brillanti e aperte. Ho visto la curiosità prendere forma, la voglia di migliorarsi farsi strada, l’entusiasmo trovare spazio tra un comunicato stampa e l’altro. Ho condiviso con loro i principi del giornalismo costruttivo e insieme abbiamo capito come portarli nella quotidianità di un’agenzia che lavora con realtà differenti.
Mi hanno riempita di domande e proposto buone alternative. Tre giornate per entrare in profondità per riconoscere le notizie, trovare il modo di raccontarle in modo costruttivo, capire come proporle ai giornalisti e come contribuire al cambiamento della società in cui viviamo.
Sì, perché si tratta di questo. Il giornalismo costruttivo ha una mission ben chiara: vuole elevare il dibattito pubblico. Non è un concetto semplice da passare ma quando lo si comprende e lo si analizza diventa una vera svolta.
Osserva e ascolta ciò che si dice e scrive su un argomento, e poi chiediti: cosa manca?
In questa mancanza si cela la ricchezza. Quella che meritiamo.
Sto raccontando ciò che conta davvero?
C’è un desiderio nascosto in cui si occupa di narrazione che è quello di farsi notare nel flusso senza sosta di notizie e informazioni. Riportare al centro ciò che ha valore, al di là di ogni urgenza o clamore.
Nel libro Inversione a U che ho scritto con Mariagrazia Villa, ne parliamo a lungo. Abbiamo condiviso riflessioni sul coraggio che serve per cambiare rotta e sul bisogno di cercare e raccontare ciò che può trasformare. Il giornalismo costruttivo e delle soluzioni è questo: un modo diverso di guardare il mondo, una scelta che richiede presenza, ascolto, pazienza. Non è una scorciatoia. Anzi, è un percorso più lungo, ma più fertile.
Ci sono però delle cose che è bene tenere a mente. Per non rischiare di cadere nella trappola del giornalismo positivo a tutti i costi.
Il giornalismo costruttivo è rigoroso e onesto
Sì alle soluzioni, ma senza nascondere le sfide. Una narrazione equilibrata è quello di cui abbiamo bisogno: problemi, contesto chiaro e poi soluzioni. Ma queste le raccontiamo includendo le difficoltà, gli ostacoli e i limiti. Solo così possiamo generare fiducia autentica. Ogni soluzione ha un contesto, dei confini, delle criticità. Non esistono panacee universali. L’obiettivo della narrazione costruttiva è raccontare con onestà.
Oltre la superficie: cerca le cause profonde. Serve tempo, dedizione, voglia di fare ricerca. Andando a fondo possiamo contribuire davvero a un cambiamento duraturo. E quindi servono dati, elementi concreti, risultati tangibili. Anche gli insuccessi meritano spazio in questa narrazione: sono parte della storia, e spesso contengono i semi più forti del futuro.
Il giornalismo costruttivo ha senso solo se è inclusivo. Dobbiamo cercare risposte accessibili, comprensibili, replicabili. Un linguaggio semplice, l'ascolto autentico delle comunità, la capacità di tradurre temi complessi in esperienze condivisibili sono strumenti preziosi.
Adattarsi alle necessità dell'informazione contemporanea non è cosa semplice. Mancano risorse, manca tempo, spesso manca la fiducia: questo dicono i professionisti e le professioniste dell’informazione. Ma cambiare è comunque e sempre possibile. Se ciascuno di noi fa un piccolo passo, la rotta si può invertire.
"Il punto non è quanto siamo bravi a fare quello che facciamo, il punto è scegliere la strada che sentiamo vibrare dentro di noi."
Non c’è modo di sapere dove stia andando l’informazione oggi. Sono molteplici le strade che sta intraprendendo. Di sicuro, quello che risulta evidente è che non possiamo più accettare ciò che fino a qui abbiamo pensato essere normale.
Il giornalismo costruttivo è un seme che, e viene annaffiato con cura, può generare cambiamenti profondi.
Cosa mi muove ogni giorno a studiare, trovare nuovi stimoli, girare l’Italia per raccontare l’informazione in cui credo, entrare nella vita delle persone in punta di piedi?
Non è la passione. Non solo almeno. Credo sia più quel pizzico di follia che fa credere di poter attivare un cambiamento. E sai da dove arriva quel guizzo?
L’ho visto chiaro in queste settimane: arriva dalle persone che incontro, quelle che abbraccio e quelle con cui resto occhi negli occhi a raccontarci il possibile. Solo una persona può farti sentire il valore di ciò che stai facendo: lo guarda da un punto di vista diverso e con uno sguardo nuovo.
Ecco, ed è ciò che nutre fino nel profondo.
Quando ti capita di sentire quel pizzico di follia, tienilo stretto per un po’ e lascia che ti parli.
A venerdì prossimo,
Assunta