Rompere gli stereotipi: perché la gentilezza non è debolezza
Parliamo di gentilezza che sembra ancora spaventare.
Eccomi dopo un bel po’, lo so. 🥰
Periodo intenso di grandi evoluzioni. Ma la primavera viene decisamente in aiuto 🌱
Il prossimo 7 giugno esce il nuovo libro che sto scrivendo con Mariagrazia Villa, docente di etica della comunicazione e giornalista. Sarà dedicato interamente al giornalismo costruttivo con un piccolo viaggio nell’etica e nell’empatia. Te ne parlerò. Un lavoro tanto impegnativo perché vorremmo che fosse ricco di spunti per professionisti dell’informazione e pubblico.
In questi mesi il Constructive Network è cresciuto incredibilmente (siamo 143 giornalisti italiani) e così anche News48, il magazine che abbiamo fondato e che ospita solo articoli di giornalismo costruttivo. Se ti va di tenerci d’occhio ti lascio il link: www.news48.it
Abbiamo anche lanciato un sondaggio per sapere cosa ti piacerebbe leggere sul nostro magazine. Se ti va di darci una mano puoi anche condividerlo con chi vuoi.🙏
Mesi intensi anche dal punto di vista delle riflessioni. E voglio iniziare proprio da qui. Dalle riflessioni.
Sulla gentilezza.
“Ma tu dove credi di andare con i tuoi modi gentili?”. Giuro che me lo hanno detto. E una persona da cui non me lo aspettavo. Però la ringrazio perché mi ha aperto la strada ad alcune considerazioni.
Lo stereotipo della gentilezza come debolezza o mancanza di assertività ha origini antiche e radici culturali profonde. È da sempre associato alle donne (pensa all’espressione “gentil sesso”) ed è stato rafforzato nel corso dei secoli attraverso la letteratura, l'arte e i media. Non è insolito vedere rappresentati i personaggi maschili come forti e decisi e quelli femminili come dolci e gentili.
Se passiamo al mondo del lavoro, spesso viene promossa un'immagine di persona forte e decisa, capace di prendere decisioni difficili e di raggiungere obiettivi ad ogni costo. In questo contesto, la gentilezza è stata vista come una debolezza che può impedire di raggiungere il successo. Negli ultimi anni però, le cose sembrano cambiare. Per fortuna! Aggiungerei.
Sempre più persone stanno cominciando a capire che la gentilezza può essere una grande forza, sia a livello personale che professionale.
Rompere gli stereotipi sulla gentilezza è importante perché ci permette di apprezzare appieno il valore di questa virtù.
Essere gentili con gli altri significa essere empatici e rispettosi, due qualità che sono fondamentali per costruire relazioni sane e durature. Quando siamo gentili con gli altri, dimostriamo di tenerci al loro benessere e di rispettare le loro esigenze e i loro desideri.
La gentilezza ci aiuta anche a creare un ambiente lavorativo sano e armonioso. Quando ci comportiamo con gentilezza nei confronti dei nostri colleghi, creiamo un clima di fiducia e rispetto reciproco, che favorisce la collaborazione e la produttività. Pensa all’armonia che si può creare anche in ambito familiare o di comunità. Al contrario, quando adottiamo un atteggiamento aggressivo e competitivo, creiamo un clima di tensione e conflitto, che può avere effetti negativi sulla salute mentale e fisica dei dipendenti.
Non è il mio ambito di appartenenza ma studiando qua e là emerge anche che la gentilezza – secondo ultimi studi – contribuisce a elevare il nostro stato di felicità e quindi fa bene alla salute. La connessione è con i nostri livelli di stress.
L’equazione è : + gentilezza = - stress = sistema immunitario più forte.
Perché la gentilezza spaventa così tanto?
La prima ragione è da ricercare proprio in quegli stereotipi culturali di cui ti parlavo prima. Ancora oggi siamo portati a pensare che essere gentili sia sinonimo di fragilità, sottomissione o mancanza di assertività. Inoltre, in un mondo dove la competizione e il successo sono spesso valori centrali, la gentilezza può essere vista come una debolezza che ci impedisce di raggiungere i nostri obiettivi.
Trovo questo punto di vista è sbagliato e limitante. In realtà, la gentilezza può essere una grande forza, in grado di creare relazioni positive e di migliorare la nostra vita in molti modi.
Qualche tempo fa ho intervistato Luca Lobuono, un ragazzo di 31 anni che vive a Bari e ha deciso, a gennaio 2023, di proporre sui social network degli esperimenti sociali che mostrino il lato migliore delle persone. Quello della gentilezza e dell’empatia. I video di Luca sono emozionanti e riempiono il cuore di gioia e di speranza. Forse è proprio vero che in realtà il mondo è pieno di brave persone. È solo che fanno meno rumore.
Cosa possiamo fare allora oltre che nutrirci di contenuti come quelli creati da Luca? Credo che ognuno di noi possa fare delle scelte che portino ad avere fiducia nella gentilezza.
Quante volte temiamo di essere fraintesi per un sorriso? E quante altre siamo titubanti se si tratta di aiutare una persona per strada? E quante altre volte cadiamo nella trappola delle risposte secche solo perché gli altri non comprendono la nostra gentilezza?
Chiacchierando di questo con Barbara Reverberi, amica e collega che ha iniziato un percorso di mentorship gentile, siamo arrivate a una conclusione: quando gli altri rispondono in modo scortese alla nostra gentilezza noi possiamo continuare sulla nostra strada. È la nostra natura, del resto. È l’energia in cui abbiamo deciso di stare. Potrebbe essere che quelle persone arrivino a cogliere l’insegnamento. Potrebbe, non è detto.
Ecco, un’altra cosa importante sulla gentilezza: pratichiamola senza aspettative.
📖 Sto leggendo in questi giorni Nudge. La spinta gentile di di Richard H. Thaler e Cass R. Sunstein. Sviluppano l’interessante teoria dei nudge che sostiene come suggerimenti e “piccole spinte” indirette possono influenzare le decisioni di altri. Interessante, vero? Finisco di leggerlo e te ne parlo.
Torno a scrivere. Oggi voglio consegnare nuove pagine del libro.
Buon weekend 🫶
Assunta