Ciao! Come ti senti oggi? Te lo sai già chiesto?
Io intanto ti racconto che c’è una scena che mi ha portata al tema di questa settimana. Prova a immaginarla con me.
Piazza Duomo a Milano. Sotto i portici una fila apparentemente interminabile di adolescenti in attesa di incontrare la loro autrice preferita. Tra le mani almeno una copia del suo ultimo libro. A volte più di una. L’aria non è pesante ma molto fresca per essere luglio. Voci, risate, urletti. Scambi, incontri, abbracci. “Anche tu qui?”. Si ritrovano di firma copie in firma copie.
Sono lì e osservo. Un fenomeno di cui conosco poco. Mi incuriosisco e penso che dovrei cercare dei dati per capire di più. Davvero esiste qualcosa che spinge queste ragazze e qualche ragazzo a comprare libri cartacei, leggerli e uscire per conoscere chi li ha scritti e chi li legge?
Giro lo sguardo nel momento esatto in cui una ragazza apre il libro che ha in mano e lo avvicina al naso per sentire il profumo delle pagine. Non so quante volte ho fatto quel gesto. Non si contano. E nemmeno le ripetizioni nel tempo. Lei sorride e dice alla sua amica “ha un profumo buonissimo, il profumo delle pagine”. Non so quante volte ho detto queste parole. Non si contano.
Sembra quasi la scena di una serie tv, invece è reale.
Ok, devo conoscere meglio questo fenomeno. Si chiama #BookTok.
Cos’è e come è nato
Il #BookTok è nato nel 2020. Sì, ricordi bene: in piena pandemia. Tra i primi video a circolare, ce n’era uno particolarmente emblematico: una giovane lettrice americana, in lacrime dopo aver finito They Both Die at the End di Adam Silvera, raccontava quanto quel romanzo l’avesse colpita. Il video commosse migliaia di persone e divenne virale. Il libro, pubblicato nel 2017, tornò improvvisamente in classifica tre anni dopo, scalando le vendite grazie al passaparola digitale. Non fu l’unico, ma è stato uno dei casi più citati per raccontare come una comunità spontanea di lettrici e lettori stava, senza volerlo, riscrivendo le regole del mercato editoriale. (Qui trovi uno dei primi articoli usciti sul fenomeno).
C’è stato anche La canzone di Achille, un libro di Madeline Miller, uscito nel 2012. È il romanzo d’esordio della scrittrice di Boston, una storia ispirata all’Iliade che racconta l’amicizia e l’amore tra Achille e Patroclo. Il libro è uscito per la prima volta in Italia nel 2013 ma ancora oggi è tra i libri più venduti nel nostro Paese. Merito del #BookTok.
In breve tempo nasce un linguaggio, uno stile, una community globale. Altri ragazzi e ragazze in tutto il mondo iniziano a leggere e condividere recensioni. Il fenomeno inizia a germogliare. Siamo nel 2021.
Il #BookTok diventa uno spazio di raccomandazione emotiva, dove l’engagement nasce non da recensioni tecniche, ma da una reazione autentica alla lettura: pianti, abbracci, frasi sottolineate, personaggi amati o odiati visceralmente.
L’hashtag nasce dall’unione di due parole, Book (dalla lingua inglese) e parte del nome del social che lo ospita, Tok. La Treccani lo ha inserito tra i suoi neologismi nel 2023: “il neologismo intende raggruppare tutti i contenuti in cui i libri vengono recensiti e analizzati.”
I dati nel mondo
L’hashtag #BookTok ha superato i 370 miliardi di visualizzazioni su TikTok nel 2025. (Forbes)
Oltre 52 milioni di video sono stati pubblicati con questo hashtag.
Autori semi-sconosciuti sono diventati bestseller globali.
Non si tratta solo di nuovi titoli: anche libri “dimenticati” o fuori catalogo vengono riportati alla luce. È la vittoria del passaparola contemporaneo.
I dati in Italia
L’hashtag #BookTokItalia ha superato i 2 miliardi di visualizzazioni.
Il 60% dei lettori under 25 ha acquistato almeno un libro scoperto su TikTok.
Il caso più eclatante? "Il fabbricante di lacrime" di Erin Doom: uscito da un editore semi-sconosciuto, è diventato il libro più venduto in Italia nel 2022, con 500.000 copie. Attualmente resta uno dei casi più incredibili del #BookTok italiano.
Il #BookTok è oggi uno dei motori principali di vendita per narrativa romance, fantasy e young adult. Un video virale può generare un +70% di vendite in pochi giorni. La fascia di età è quella che va dagli 11 ai 24 anni, principalmente ragazze ma non solo.
Ci sono anche gli Awards
Nel 2023 sono nati nel Regno Unito i TikTok Book Awards. L’anno successivo, maggio 2024, ha preso il via la prima edizione italiana al Salone del Libro di Torino. Sono 7 le categorie: libro dell’anno, romance dell’anno, revival dell’anno, adattamento a serie tv o film dell’anno, book creator dell’anno, casa editrice dell’anno, autrice o autore dell’anno. In Italia autrice dell’anno è stata Felicia Kingsley, pseudonimo di Serena Artioli. Il riconoscimento è stato assegnato grazie alla sua “capacità eccezionale di costruire e mantenere una relazione unica, autentica e spontanea con la sua community di TikTok”. I premi in denaro vengono devoluti interamente a un ente benefico attivo nella promozione della cultura e della lettura.
Piace agli editori
Gli editori vanno a nozze.
Secondo l’Associazione Italiana Editori, rispetto ai primi cinque mesi del 2019, nel 2023 le vendite di libri in Italia sono cresciute del 16,7% in valore e del 15,3% in numero di copie. Ma la vera notizia è un’altra: a beneficiarne non sono state solo le grandi case editrici. Al contrario, è stata proprio la piccola e media editoria a guadagnare terreno, riuscendo finalmente a competere con chi aveva più budget, più distribuzione, più visibilità. Il #BookTok, con i suoi video autentici e le sue emozioni a pelle, ha ridisegnato le regole della promozione editoriale.
#BookTok ha costretto l’editoria a ripensarsi. A uscire dai circuiti prevedibili delle recensioni tradizionali. A parlare il linguaggio delle emozioni, della condivisione, del passaparola spontaneo.
E forse è proprio da qui che si può ripartire: da un modo di raccontare i libri che non chiede di sapere, ma di sentire.
Cosa c’è di costruttivo in tutto questo?
Standoci dentro un po’ ho capito che il #BookTok non è solo un trend digitale: è uno stimolo alla lettura per i più giovani con linguaggi nuovi, immediati, riconoscibili. Parla ai giovani senza filtri, senza pretese accademiche, senza il bisogno di dimostrare di saper leggere bene.
È anche uno spazio dove la spontaneità conta più della strategia. A far nascere un passaparola sono lettrici e lettori reali, con le loro voci rotte, le lacrime autentiche, i sorrisi di chi ha appena trovato una storia che somiglia a sé. E così succede qualcosa di raro: anche libri usciti anni fa tornano a vivere, riscoperti come se fossero nuovi.
Ma la cosa forse più potente è che intorno a questi libri si crea una comunità affettiva. Ci si riconosce nei personaggi, ci si consola a vicenda, si costruisce senso di appartenenza in un tempo in cui sentirsi parte di qualcosa è sempre più raro.
BookTok, in fondo, è questo:
una narrazione collettiva sull’impatto che una storia può avere su di noi. E su come, a volte, basti un libro letto insieme per sentirsi un po’ meno soli.
Esistono dei limiti, certamente
Anche il #BookTok ha i suoi limiti. E vederli non significa sminuirlo, ma piuttosto prenderlo sul serio.
Il primo rischio è la ripetizione. I gusti si uniformano, le storie si somigliano. Prevalgono romance, fantasy e narrativa young adult, mentre altri generi – dalla poesia al memoir, dalla saggistica alla letteratura più sperimentale – faticano a emergere. L’algoritmo premia ciò che emoziona in fretta, ciò che è facile da raccontare in pochi minuti. E allora si cercano lacrime sicure, colpi di scena obbligati, storie che seguano uno schema preciso, già testato.
C’è poi un’altra forma di pressione, meno visibile ma reale: quella sulle autrici e sugli autori. Sempre più spesso si chiede loro di scrivere libri adatti al #booktok: con un’estetica riconoscibile, un linguaggio emozionale, un finale che faccia piangere e commentare.
C’è poi chi sostiene che questo allontani i ragazzi dalla lettura di generi diversi. Io voglio essere ottimista: potrebbe, invece, essere la porta per entrare in altri mondi.
Perché è importante osservarlo ( e non sottovalutarlo)?
Il #BookTok rappresenta in qualche modo un segnale che non può e non deve essere sottovalutato. Ci dice che la lettura per i giovani non è morta: si è trasformata. Ci mostra che le emozioni restano il motore più potente del racconto, e che anche i contenuti culturali possono avere una seconda vita se raccontati nel modo giusto.
Per chi scrive, per chi pubblica, per chi comunica, il #BookTok è un invito a rinnovare il modo in cui parliamo di libri.
Perché BookTok è così importante per le ragazze?
Perché, nel mare aperto e spesso ostile dei social, è diventato uno degli spazi digitali più accoglienti per loro.
Qui possono:
esprimere liberamente le proprie emozioni.
Condividere passioni profonde senza il filtro dell’ironia o del giudizio.
Trovare modelli di relazione, empowerment, ribellione o fragilità nelle protagoniste delle storie.
Scoprire autrici giovani, self-published, outsider che parlano il loro linguaggio e raccontano il loro mondo.
Creare contenuti e diventare voci autorevoli nella loro nicchia senza dover essere “esperte”, ma solo appassionate.
Le ho viste sostenersi, condividere i contenuti dell’una o dell’altra. Le ho osservate mentre si citano, si riconoscono durante i firma copie, si danno consigli sotto i video. Esiste una cosa più potente in questo periodo storico?
E i ragazzi?
Sebbene la community sia composta in prevalenza da ragazze, negli ultimi anni si è vista una crescita costante di autori, creator e lettori maschi, spesso con approcci e gusti diversi ma con lo stesso desiderio: parlare di storie che lasciano il segno. Trovo affascinante e significativo che ci siano ragazzi che usano i libri per parlare di identità, disagio, relazioni. E che si sentano a proprio agio nel proporre un maschile empatico, riflessivo e libero dai cliché.
Può essere un pezzo del puzzle dell’intelligenza sentimentale ed emotiva che manca a scuola? Mi piace pensarla così.
E se smettessimo di essere snob?
C’è sempre quel sorrisetto appena si nomina il #BookTok. Lo noto in questo periodo quando condivido ciò che sto scoprendo. In quel sottointeso vive lo scetticismo. C’è anche lo stupore di chi non conosce, ovviamente.
Sembra che se un libro emoziona troppo, vende tanto o viene amato da migliaia di ragazze e ragazzi su TikTok diventa automaticamente meno degno, meno serio, meno autentico.
Lo snobismo culturale, oggi, è una forma di chiusura che non possiamo più permetterci.
Oggi abbiamo un urgente bisogno di ponti, di dialogo, di strumenti per riconoscersi e riconoscere. Continuare a disegnare confini attorno a ciò che è “alto” e ciò che è “basso” rischia di escludere proprio chi più avrebbe bisogno di entrare.
Perché dentro quei libri che tanti considerano leggeri e prevedibili ci sono spesso le ferite più profonde che riguardano le nuove generazioni. Si parla anche di salute mentale, di lutto, di abbandono, di corpi che non si sentono mai abbastanza, di famiglie che non ascoltano, di relazioni che fanno male, di identità che cercano spazio per esistere. E lo si fa con frasi semplici, dialoghi, personaggi che sbagliano e si salvano, proprio come chi li legge.
Sono libri che non vogliono insegnare.
Vogliono accogliere, rassicurare, far sentire meno soli.
E forse, il vero errore non è nel modo in cui questi libri vengono letti.
Ma nel non accorgerci che, mentre li giudichiamo, stanno facendo qualcosa che la cultura fatica a fare da tempo: riavvicinare le nuove generazioni alle pagine scritte.
E farle sentire viste.
E a quel punto, davvero, che bisogno c’è di alzare il sopracciglio?
Pensiamoci.
Assunta