Buongiorno, mi auguro che questo venerdì sia partito con la giusta energia per te. Quella che desideri per andare alla grande.
Hai appena letto una frase che rientra nelle proposte di saluto da sostituire all’ormai scontato “Come stai?”. Qualche giorno fa ho condiviso un carosello su questo argomento che ha destato tanta curiosità. Non ho nulla contro il “Come stai?” ma ritengo sia diventato un intercalare a cui non badiamo più. E così ho immaginato come si potessero iniziare le mail per entrare nella giornata delle persone con cui ci relazioniamo in modo empatico. (Il post è su Linkedin o su Instagram se vuoi salvarlo come promemoria).
C’è una cosa che non mi sarei mai aspettata dopo la condivisione di questo contenuto: il suo effetto domino pazzesco. L’ondata di commenti e messaggi privati non si placa. Il che mi fa pensare al bisogno incredibile che abbiamo di tornare a essere umani. E forse di sentirci autorizzati a farlo.
Il tempo che viviamo è diventato così complesso da aver fatto dell’inaridimento emotivo un’abitudine. Ma quando qualcuno ci dice: si può essere empatici, l’idea ci piace. Un po’ come è successo con Giovanni Allevi a Sanremo.
Potrebbe essere triste questa riflessione? Sì, potrebbe. Ma è anche affascinante vedere come sia latente in noi la voglia di connetterci gli uni agli altri.
Le relazioni sono nutrimento. E le parole ci aiutano a rafforzarle.
Quindi, se sei d’accordo, farei un piccolo tuffo nell’empatia. Così come ne ho parlato anche nel mio libro Empatia Digitale dove ho voluto esplorare 8 valori: Empatia, Umanità, Utilità, Gratitudine, Inclusione, Responsabilità, Autenticità e Umiltà.
Te lo ricordo: il 16 Marzo sono a &Love Story a Verona. Puoi acquistare il biglietto con uno sconto usando il codice constructivenetwork. Ti lascio il link. Se vieni fatti riconoscere che ci abbracciamo. Parlerò di come adattare i principi della narrazione costruttiva alla narrazione delle aziende e dei brand. Una sfida bella!
Ho creato un pdf gratuito che ti aiuta ad allenare la gratitudine - che alimenta l’empatia - nelle tue giornate di lavoro. Ci sono tante idee che stanno stravolgendo la vita delle persone. E sono semplici! Lo scarichi qui.
Ed è utile per allenare l’empatia anche il workbook gratuito sulla comunicazione digitale inclusiva che puoi scaricare qui. L’uso delle parole fa accadere miracoli.
L’empatia ci rende più umani.
Le relazioni umane sono un aspetto fondamentale della nostra vita. Mi piace dire che sono la nostra grande opportunità. Siamo tutti, in un modo o nell’altro, connessi e queste relazioni vanno sostenute per il bene della nostra presenza su questo pianeta. L’empatia è uno degli ingredienti fondamentali per costruire, mantenere e rafforzare le relazioni umane. Siano esse online o offline.
In questa epoca storica in cui leggiamo tanto sul bullismo, l’odio, la violenza, è importante riconnetterci con l’empatia. Soprattutto in ambito digitale dove le parole corrono veloci e raggiungono sempre più vite. Attivare l’empatia consente di ridurre il livello di emozioni negative nei confronti di altre persone. Si abbattono i pregiudizi perché ci si concede l’opportunità di esplorare territori meno noti. L’empatia allena la curiosità verso nazionalità differenti, gruppi sociali apparentemente lontani da noi e situazioni nuove. Si abbattono le barriere di diffidenza per avvicinarsi all’altro. L’empatia promuove l’uguaglianza e incoraggia le persone a fare azioni benefiche a sostegno di altri. Attiva dei processi relazionali potenti tra le persone.
Non so tu ma io trovo tutto questo molto affascinante.
L’empatia è un’arte.
Karla McLaren, autrice del libro The Art of Empathy, ha dedicato i suoi studi alla definizione di una teoria unificata sulle emozioni attraverso la propria esperienza personale, il proprio lavoro con persone che hanno vissuto traumi dissociativi e ricerche in ambito biologico e sociale. Il risultato di questo immenso lavoro si traduce nel modello “Six Essential Aspects of Empathy” che evidenzia i processi presenti nell’empatia e dipendenti l’uno dall’altro. Una piramide delle emozioni che va dalla capacità più rudimentale a quella più elevata. Il presupposto da cui parte la McLaren è che l’empatia è un processo accessibile e malleabile: non importa, quindi, a che punto del processo empatico ci troviamo. Possiamo fare sempre il passo successivo.
Ma vediamoli brevemente questi livelli.
1. Contagio emotivo. Prima che possa attivarsi l’empatia è necessario comprendere come questa possa definirsi emozione. C’è un grande dibattito tra gli studiosi su questo ma ciò che mette tutti d’accordo è la certezza che il processo empatico dipende dalla nostra capacità di sentire e condividere le emozioni. Pensa solo a quando ridi semplicemente perché una persona accanto a te lo sta facendo. L’empatia viene vista come una capacità emotiva allenabile.
2. Accuratezza empatica. Qui risiede la nostra capacità di identificare e capire le emozioni, i pensieri e le intenzioni in noi stessi e negli altri. La qualità di questa capacità dipende dalla propria consapevolezza emotiva e dalla propria attitudine nella gestione delle emozioni.
3. Regolazione emotiva. Per essere una persona empatica occorre sviluppare l’abilità di comprendere, regolare e lavorare con le proprie emozioni. In sostanza occorre essere consapevoli. Quando riusciamo a fare questo diventiamo abili a identificare anche le nostre e altrui emozioni più forti e a non esserne sopraffatti.
4. Cambio di prospettiva. Questa è una capacità importante per riuscire a mettersi nei panni degli altri, vedere le situazioni con i loro occhi e sentire quello che loro sentono. In questo modo è possibile comprendere le loro esigenze e desideri.
5. Preoccuparsi per gli altri. L’empatia ci aiuta a connetterci con le persone ma la qualità delle nostre risposte dipende dalla nostra abilità di prenderci cura degli altri. Quando sentiamo le emozioni altrui, dobbiamo identificarle, gestirle dentro di noi e poi assumere la loro prospettiva. Fondamentale, è comprendere che preoccuparsi troppo per gli altri e non elaborare le emozioni al meglio ci fa correre il rischio di ignorare i nostri bisogni a favore di quelli altrui. Per le persone empatiche gli altri sono molto affascinanti ma possono trasformarsi in fonte di stress e confusione. Gestire le nostre emozioni e gli effetti delle emozioni altrui su di noi diventa, quindi, fondamentale per evitare un burnout emotivo. Cosa che accade spesso, per esempio, quando leggiamo le notizie sui media.
6. Coinvolgimento intuitivo. Questa è l’abilità che consente di prendere decisioni intuitive sulla base dell’empatia e di rispondere, o agire, in modo che funzioni per gli altri. Si tratta dell’abilità più elevata a livello empatico perché oltre a combinare tutte le abilità illustrate dalla McLaren, aggiunge la capacità di fare qualcosa di utile per gli altri basandosi sulle proprie intuizioni. Interessante è notare che nel coinvolgimento intuitivo si agisce unicamente per rispondere ai bisogni altrui e non ai propri. Con ogni probabilità ci troveremo a fare cose che per noi non funzionano affatto. Il coinvolgimento emotivo riguarda l’altra persona, non noi.
Questi sei aspetti dell’empatia definiti dalla McLaren si costruiscono l’uno sull’altro. Mentre il contagio emotivo avviene in modo istintivo, gli altri sono più intenzionali e possono essere sviluppati.
Eravamo più bravi prima ma non ce lo hanno detto.
Fino all’introduzione dell’uso della parola, l’uomo sembra essere sopravvissuto ed evoluto solo grazie al proprio opportunismo ed egoismo che lo hanno spinto a utilizzare la propria intelligenza per costruire utensili e strumenti utili alla propria sopravvivenza. Questo concetto, se ci pensi, ce lo hanno passato in ogni tappa della scuola. Traducendolo suona più o meno così: vince chi è più smart. Negli ultimi decenni, invece, si comincia a riflettere sul valore della connessione tra esseri umani, come ci indica la McLaren al livello 5 della sua scala, anche nell’evoluzione della nostra specie. L’empatia, quindi, come una delle capacità umane che hanno permesso la nostra sopravvivenza e la nostra evoluzione. E vale ancora oggi che sembriamo trascurare questo potere che ci appartiene.
Mi emoziona sempre molto rileggere un passaggio del discorso che Barack Obama ha tenuto nel 2006 alla cerimonia dei diplomi degli studenti della Northwestern University.
«Si parla molto del deficit federale, ma dovremmo parlare di più del nostro deficit di empatia, dell’abilità di metterci nei panni altrui: il bimbo che ha fame, il metalmeccanico che è stato licenziato, la famiglia che ha perso la casa nell’uragano. Quando allarghiamo così l’orizzonte delle nostre preoccupazioni fino a includere degli estranei, diventa arduo non agire, non aiutare».
Obama ha parlato dell’empatia in oltre 60 dei suoi discorsi e ne scrive ampiamente nel suo libro “L’audacia della speranza”, nel quale approfondisce l’importanza dell’ottimismo nel futuro che può portare dai problemi alle opportunità.
Sono particolarmente affezionata alle parole di Obama perché mi portano a pensare a quanto poco valore sia stato dato fino a oggi al processo empatico. Eppure l’empatia è ciò che unisce, collega e accompagna gli esseri umani. Noi tutti.
L’empatia è l’emozione che ci spinge a credere alle persone, a quello che provano e pensano nonostante abbiano una reazione differente dalla nostra.
Abbiamo tante opportunità, nella nostra quotidianità, per allenare l’empatia e l’ascolto dell’altro.
Coglierle è una scelta.
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Un articolo
Che tipo di essere umano voglio essere? Una domanda che mi guida da sempre e che ha determinato le mie scelte. Mi sono ritrovata nelle parole di Nicole Smith in questo articolo.
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Luca è un ragazzo di Bari che ha scelto di cercare persone buone in giro per il mondo e di condividere esperimenti sociali che dicono molto di noi. L’ho intervistato all’inizio del suo progetto e non l’ho più lasciato. Mi ispira ogni volta. Seguilo, fa stare bene.
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